La legge istitutiva della Giornata della Memoria (211 del 2020) all’ articolo due dispone che il suo scopo è di far sì che quanto è accaduto al popolo ebraico ed ai deportati nei campi di sterminio non debba accadere mai più.
La ricorrenza del ventisette gennaio ha quindi la funzione di sollecitare la memoria collettiva a cui Primo Levi, rivolse a lungo la sua attenzione e nella sua opera “Se questo è un uomo” vi si appellava, scrivendo:“ Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario , perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate ,anche le nostre.”
Come il male abbia potuto trionfare, in modo totale ed assoluto, all’interno di quelle efficientissime macchine di morte che erano i campi di sterminio, di fronte ai quali Dio stesso, onnipotente e pietoso, appare impotente e distratto e quindi in apparente ed insanabile contraddizione con se stesso.
Quello stesso Dio che secondo il racconto biblico, sui cui fonda la fede ebraica, ha liberato il suo popolo dalla schiavitù del faraone, perché come aveva proclamato rivolgendosi a Mosè : “… ho accolto il loro grido per l’oppressione dei suoi aguzzini, perché conosco bene le sue sofferenze.” (Genesi 3:6).
Molti importanti uomini, dei più disparati rami del sapere, sono scesi in questi oscuri meandri per comprendere le ragioni di tanto male, ma nessuno ne è uscito con un barlume di verità del tutto condivisibile ed indenne da censure spesso troncanti.
Simbolo di questa incapacità a pervenire ad una verità da tutti egualmente accettata e condivisibile resta ancor oggi Hannah Arendt, ebrea, scrittrice , giornalista ed inviata del New Yorker al processo contro il criminale nazista Adolf Heichmann , che si tenne a Gerusalemme nel 1961, il cui verdetto lo riconobbe responsabile dell’uccisione di milioni di ebrei.
Da questa esperienza professionale di giornalista la Arendt trasse ispirazione per la più importante tra le sue opere letterarie “La banalità del male”, in cui la scrittrice giunse alla conclusione che l’uomo può essere privato del proprio senso critico ed in conseguenza eseguire meccanicamente, senza alcun discernimento, gli ordini ricevuti anche i più malvagiamente insensati e disumani.
Avverso a questa sua conclusione insorse il mondo ebraico, a cui la giornalista-scrittrice apparteneva e presso cui aveva riscontrato apprezzamento. L’opinione pubblica della sua gente non potè accettare che la Arendt accettasse il nocciolo della tesi difensiva assunta da Heichmann , cioè l’ adempimento di ordini perentori e non negoziabili, che in ragione della loro inderogabilità lo avrebbero esentato da ogni discrezionalità. Per dare corpo a questa strategia nel corso dell’intero processo, il criminale nazista non smise di ripetere, a sua discolpa, di essersi limitato ad eseguire gli ordini ricevuti, confidando che la esternazione di questa sudditanza ai suoi doveri di soldato potesse in qualche modo alleviare il peso della sua enorme responsabilità.
La scrittrice venne vigorosamente avversata dall’opinione pubblica perchè era giunta alle conclusioni che gli orrori commessi dai criminali nazisti non erano dovuti tanto alla crudeltà insita nel loro animo, bensì dal fatto che il regime li avrebbe privati di un proprio pensiero inserendoli nella ben organizzata macchina del terrore nazista.
Da tale conclusione, peraltro, deriva un’altra allarmante ed amara considerazione e cioè che chiunque coinvolto in questo meccanismo perverso finirebbe con l’agire allo stesso modo, specie se la società che lo circonda è indifferente e acritica.
La Arendt, forse, solo in parte è riuscita a dare così una spiegazione di tanta incomprensibile feroce malvagità, ma certamente ha colto pienamente nel segno quando ha pure previsto la replicabilità di tali mostruosità anche da parte dell’uomo della porta accanto, se solo privato del suo discernimento da una ideologia accecante.
In questi giorni in cui i media sono stati intasati dalle sovrabbondanti notizie dell’arresto del super latitante che da oltre trent’anni era riuscito a sfuggire alla sua cattura , la giornalista e scrittrice Stefania Auci , siciliana ed esperta conoscitrice delle cose della sua terra, commentando l’arresto , non ha potuto fare a meno di evidenziare, con insistenza, ai propri telespettatori della rete rai, come l’uomo assicurato alla giustizia, nelle sembianze e nell’agire, non aveva nulla di speciale e sofisticato, ed appariva simile e null’affatto diverso da tanti stessi uomini della sua età.
Oggi il rischio di condotte deresponsabilizzate da parte di molti uomini appartenenti ad aree non sempre marginali della nostra società è estremamente concreto ed attuale. Peraltro, non è del tutto venuto meno il teatro di indifferenza, su cui nella collettività questi soggetti si muovono , suscitando soltanto reazioni spesso solo verbali e comunque scarsamente incisive, inadeguate e poco tempestive.
La Giornata della Memoria, quindi ancor oggi, si conferma una necessaria fonte di monito a non dimenticare, affinché non debba più risuonare la voce dell’Eterno che ha già detto a Caino : “ Dov’è tuo fratello Abele ?” (Genesi 4, 9).