Geza Kertesz, nato a Budapest nel novembre 1894, era stato in Ungheria un apprezzato calciatore. All’età di trentun’anni era arrivato in Italia per intraprendere l’attività di allenatore, dopo alcune stagioni spese con successo presso una mezza dozzina di squadre, nel 1933 era arrivato a Catania, dove con l’intervallo di una breve parentesi rimase sino al 1942.
Erano gli anni in cui il vecchio stadio cittadino era ancora ubicato nell’attuale piazza Giovanni Verga, allora denominata piazza Esposizione a motivo della Esposizione Agricola Siciliana e Mostra Campionaria Siciliana, che aveva ospitato nel 1907.
Era stato chiamato ad allenare la squadra del Catania dal presidente Vespasiano Trigona, duca di Misterbianco, un intraprendente aristocratico che viveva nella degna cornice costituita dal magnifico palazzo gentilizio, che ancor oggi si ammira, posto ad angolo tra il viale Regina Margherita e piazza Roma. Residenza in cui i due assumeranno l’abitudine di consumare un irrinunciabile pranzo scaramantico prima dell’inizio di ogni partita.
Il presidente-duca aveva intravisto nell’allenatore magiaro grandi qualità e soprattutto aveva ben presto apprezzato le idee assolutamente innovative sia per quanto riguardava la gestione dei calcatori che le tecniche di gioco in campo.
Le aspettative del presidente vennero ben presto pienamente appagate dai risultati. Il Catania che nella stagione 1933-34, giocava in prima divisione, emerge sbaragliando gli avversari ed approda in serie B. L’entusiasmo è alle stelle e la popolarità del nuovo allenatore lo è ancor di più e per la stagione successiva sono in molti a sperare realisticamente che possa realizzarsi il sogno dell’approdo in serie A. Promozione che, in effetti, solo per pochissimo sfuggirà di mano alla squadra etnea che si classificherà al terzo posto.
Dopo due stagioni calcistiche in cui la squadra ottenne dei buoni piazzamenti ne seguì una ulteriore in cui non riuscì a soddisfare le aspettative della tifoseria rosso-azzurra, collocandosi ad un poco glorioso quindicesimo posto della classifica. Con le dimissioni dell’amico presidente anche Kertèsz lasciò il suo incarico di allenatore del Catania, per poi tornare ad accettare l’incarico nella stagione 1942-43. Quelli erano ormai anni di guerra ed i bombardamenti degli alleati non risparmiarono Catania. Quando l’incalzare degli eventi bellici impose l’interruzione del campionato nazionale, decise di tornare definitivamente in Ungheria.
Rientrato in patria Kertèsz, dapprima organizzò insieme ad un altro ex calciatore e suo compagno di squadra Tòth, una attività di resistenza che operando in clandestinità salvò decine e decine di ebrei e di partigiani ungheresi dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Poi si spinse, con successo anche travestendosi da soldato della Wehrmacht e facendo uso della sua buona conoscenza della lingua tedesca, ad organizzare la fuga di tanti uomini dal ghetto di Budapest, nel frattempo si adoperava ad istaurare rapporti con l’intelligence degli Stati Uniti, per cercare di influire sulle sorti del conflitto. Queste sue coraggiose iniziative si conclusero nel dicembre del 1944 quando venne arrestato dalla Gestapo. Fu fucilato dai nazisti, insieme ad alcuni suoi compagni di lotta, il 6 febbraio 1945.
Finita la guerra, nel 1946, in patria gli vennero tributate delle esequie solenni, a cui parteciparono pure un gruppo di tifosi del Catania con il gagliardetto della squadra, ricevette il riconoscimento di “Martire della Patria” e quindi sepolto nel cimitero monumentale degli uomini illustri di Kerepesi a Budapest. Negli anni ottanta venne proclamato “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, titolo che viene riconosciuto a coloro che, mettendo a repentaglio la propria vita, hanno salvato ebrei dal genocidio nazista.