Da sempre gli ebrei hanno recitato, per le proprie figlie, questa berachà (benedizione rituale): “Possa Dio renderti come Sara, Rebecca e Lea”, con la quale hanno augurato di essere protagoniste nella vita, così come lo sono state queste tre Matriarche nella storia del loro popolo. Ma è pur vero che nelle benedizioni del mattino gli uomini ringraziano l’Eterno di non esser nati donne, come se grati di un privilegio di genere.
L’apparente senso letterale delle parole della seconda benedizione è frutto del modo di pensare del tempo in cui vennero scritte. E, pertanto, non bisogna trovare nelle parole avulse dal contesto argomento di meraviglia. Ricordo che se oggi il detto: “Auguri e figli maschi” ha un significato esclusivamente ironico, ma non molti lustri orsono, era una corrente formula augurale che veniva rivolta agli sposi.
Quindi cambiano i tempi e con loro la società e il modo di intendere la vita e le cose. Ora i rapporti, negli equilibri tra i due sessi, sono cambiati e cambiano ogni giorno di più. Un diretto riscontro viene dalle elezioni amministrative che si sono tenute in Israele negli ultimi mesi dell’anno appena trascorso, capaci di mettere in evidenza l’ottimo livello raggiunto dalle donne in ambito sociale e politico. Infatti, ben due importanti affermazioni si sono registrate in città spiccatamente diverse e allo stesso tempo entrambe particolarmente significative per le tipicità.
La signora Ellat Kalish Rotem è stata eletta sindaco di Haifa, terza città di Israele con i suoi 270 mila abitanti, un porto marittimo di primario rilievo, un gran numero di aziende, comprese quelle petrolchimiche, con elevati livelli occupazionali e alti volumi di ricavi, ma con i conseguenti tanti problemi di inquinamento industriale.
Anche a Beit Shemesh, centro il cui nome in ebraico vuol dire Città del sole, la poltrona di primo cittadino è andata a una donna la signora Aliza Bloch, la cui elezione appariva alquanto improbabile per il contesto sociale di questa cittadina, che oggi conta 100 mila residenti ed è nota per essere la roccaforte del partito religioso ultraortodosso Shas. Città che è pervenuta agli onori della cronaca per la querelle insorta tra i suoi abitanti a causa dei cartelli monitori, arbitrariamente apposti nei quartieri ultraortodossi, che intimavano alle donne di indossare abiti castigati.
Se il voto popolare, espresso in questi contesti radicalmente diversi, ha ritenuto che problemi così delicati potessero trovare la loro soluzione con una guida femminile, non vi è ragione di dubitare del grande apprezzamento che riscuotono le donne in ambito sociale e del definitivo superamento dei pregiudizi legati alla differenza di genere. Quindi, nel mondo laico accanto ai tradizionali e non meno importanti ruoli di accudimento della famiglia, alla donna viene riconosciuto un ruolo pubblico certamente non ancillare.
Malgrado ciò, non si può dubitare che presso le tre grandi religioni monoteistiche e quindi anche nell’intero ambito ebraico internazionale continuino a mantenersi invariati antichi elementi di disparità nei ruoli di uomini e donne. La necessità di una rivisitazione in ambito religioso della figura della donna, con la valorizzazione di un punto di vista e di una sensibilità nuovi è un problema da più parti avvertito, la cui soluzione, però, resta alquanto controversa.
Questo problema, oggetto di tanti e tanti scritti, tra loro quasi sempre in contrasto, è stato affrontato con grande capacità di sintesi ed equilibrio da un rabbino italiano, Haim Fabrizio Cipriani, che ipotizza un contributo alla ricerca della non semplice soluzione con il libro “Ascolta la sua voce” pubblicato da Giuntina. In esso, senza nessun tentativo di rottura della tradizione ebraica o di un suo astratto adeguamento alla modernità, si ripropone una rilettura che attualizza le antiche posizioni, in quanto l’ebraismo, a suo dire, avrebbe bisogno delle donne, delle loro menti e dei loro cuori per ascoltare voci e prospettive diverse, che gli uomini non hanno potuto, né mai potrebbero fornire.
Giuseppe Sciacca