Lexikòn

ALHAMBRA 31 marzo 1492

LA STORIA, COME SI RACCONTA, LA VERITA' ...

2021-08-28 22:48

ROSARIO BONATESTA

Foresteria,

LA STORIA, COME SI RACCONTA, LA VERITA' ...

Riuscire a condensare nel breve spazio di una “cartella” gli ultimi cinquant’anni di storia di una nazione e, soprattutto, gli accadimenti che in mani

Riuscire a condensare nel breve spazio di una “cartella” gli ultimi cinquant’anni di storia di una nazione e, soprattutto, gli accadimenti che in maniera repentina stanno caratterizzando i giorni d’oggi in Afghanistan, è impresa ardua, pressoché impossibile.

Mi limiterò ad un breve excursus, solamente al fine di introdurre la riflessione richiestami.

L’instabilità politica dello stato asiatico ebbe inizio nel 1973, allorquando la monarchia afghana, guidata per ben quarant’anni da Mohammed Zahir Shah, il sovrano che riconobbe l'urgenza di una modernizzazione del paese facendo arrivare consulenti stranieri, favorendo le relazioni culturali e commerciali con l'Europa e dotando il paese di una nuova costituzione che lo trasformò in una moderna democrazia con libere elezioni, un parlamento, diritti civili, emancipazione per le donne e suffragio universale, fu sovvertita da un colpo di stato posto in essere dal cugino del Re ed ex Primo Ministro, Mohammed Daud Khan, il quale divenne così il fondatore della prima Repubblica afghana.

Il suo Governo durò appena cinque anni, rovesciato nel 1978 da un ulteriore golpe, che diede vita alla Repubblica Democratica dell'Afghanistan, presieduta dal leader del Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan, Nur Mohammad Taraki.

Seguirono numerose riforme che interessarono le politiche agricole, sociali e culturali, scontratesi con la resistenza delle autorità religiose locali e tribali che si opponevano alle politiche liberiste del governo Taraki, il quale ebbe breve vita. Nel mese di settembre 1979, infatti, Taraki fu assassinato su mandato del suo Vice Primo Ministro, Hafizullah Amin, che assunse le redini del Paese.

Da questo momento in poi, con l’ingerenza di altre nazioni sino ad allora rimaste neutrali, si sono succeduti gli eventi che hanno condotto l’Afghanistan a diventare tetro di guerre, odio e devastazioni che hanno trascinato lo stato asiatico ai tragici fatti dei giorni nostri.  

Negli anni che precedettero il disfacimento dell’Unione Sovietica e la conseguente transizione che condusse la Russia e gli stati membri all’indipendenza, il governo a guida Brežnev, non fidandosi di Amin, sospettato di legami con la CIA, assunse la drastica decisione di invadere l’Afghanistan. L'Armata rossa entrò a Kabul il 27 dicembre 1979 e pose al potere Babrak Karmal.

La guerra con i Mujaheddin, guerriglieri d'ispirazione islamica finanziati anche dagli Stati Uniti, fu lunga e cruenta e terminò con l'abbandono del Paese da parte dei Sovietici nel 1989, proprio nel periodo in cui Michail Gorbačëv, promottore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost, si rese protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'URSS e alla riunificazione della Germania.

Gli eventi portarono alla proclamazione, nell’aprile del 1992, dello Stato islamico dell'Afghanistan. A causa della presenza di fazioni diversificate da appartenenze etniche e simpatie politiche, iniziarono gli scontri e le devastazioni che condussero alla distruzione di gran parte della capitale Kabul e all’uccisione di migliaia di persone, in prevalenza civili.

Tutte le fazioni belligeranti parteciparono alla guerra civile, ma, nell’ambito della cosiddetta “Alleanza del Nord” fu il gruppo di Hekmatyār a rendersi responsabile della maggior parte delle distruzioni, per la sua pratica di colpire deliberatamente aree civili in segno di rappresaglia, alimentata dal convincimento che gli abitanti della capitale avessero collaborato coi sovietici durante l'occupazione della città, oltre che per la concezione religiosa che consentiva di uccidere chiunque non manifestasse le stesse idee.

La frammentazione dei Mujaheddin condusse inevitabilmente, tra il 1996 e il 2001, alla conquista del potere da parte della fazione dei talebani, i quali, guidati dal comandante Ahmad Shah Massoud, proclamarono l'Emirato islamico dell'Afghanistan, applicando al Paese una versione estrema della “shari'a”, che  puniva con estrema ferocia ogni deviazione dalla loro legge.

Fu il noto l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 ad alterare i già fragili equilibri, inducendo gli Stati Uniti ad invadere l'Afghanistan, mediante l’operazione militare denominata “Enduring Freedom” che aveva il dichiarato obiettivo di decretare la fine del regime dei Talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di “al-Qāʿida”, l’organizzazione terroristica guidata da Osama bin Laden. La palese sproporzione delle forze in campo condusse al rovesciamento del regime integralista nel giro di  appena un mese.

Insediato al potere Hamid Karzai, egli rimase al vertice dello Stato dell'Afghanistan sino al settembre del 2014, pur permanendo sul territorio ancora una considerevole presenza di contingenti NATO atti a contrastare eventuali attentati terroristici da parte dei Talebani, ancora radicati nel sud-est afghano, nella zona confinante con il Pakistan.

A distanza di venti anni dall'inizio della missione, nel gennaio 2020, il Presidente statunitense Donald Trump annunciò il ritiro di tutte le truppe presenti in Afghanistan.

Ciò rappresentò l’inizio dell’escalation di tutta una serie di eventi che hanno condotto alla riconquista di del territorio e del governo dell’Afghanistan da parte delle milizie talebane.

Fin qui la storia. Alquanto difficile ricercare la verità, ossia ciò che realmente si cela dietro le quinte degli scenari di devastazione e alle atrocità  cui purtroppo stiamo assistendo da qualche mese a questa parte. Possiamo limitarci ad una interpretazione basata sulle informazioni che pervengono da parte di chi “ce la racconta”.

Le immagini che pervengono da quei luoghi indubbiamente ci fanno riflettere. Mi riferisco ad alcuni dettagli che non possono passare inosservati, quali, ad esempio, l’ingente quantitativo di armi di ultima generazione che “qualcuno” deve necessariamente aver messo in mano ai “guerriglieri”. Naturalmente non può essere sottovalutato il progressivo disinteresse manifestato dagli Stati Uniti, con il conseguente effetto di trascinamento nei confronti dei paesi della NATO e dell’Europa in genere, e, di converso, l’insorgere dei dialoghi tra chi coordina le poche decine di migliaia di Talebani e le super potenze economiche di Russia e Cina, le quali, evidentemente, intravedono la possibilità di uno sfruttamento delle risorse naturali presenti sul territorio afghano.

A margine, la condanna, decisa, senza nulla aggiungere, per tutti i crimini che vedono coinvolti uomini e donne, civili inermi, che non hanno facoltà di decidere liberamente di restare nel luogo natio senza per questo dover modificare il proprio pensiero, assoggettandosi alla legge della “shari'a”.

Un’ultima considerazione va però espressa. I fatti accaduti in questi giorni sono certamente la conseguenza, oltre che dell’oppressione che lo ha preceduto, di un ventennio di inerzia, nel corso del quale i fiumi di denaro riversati in Afghanistan dalle casse governative degli Stati Uniti hanno alimentato la corruzione  governativa e degli apparati statali, dell’esercito, della polizia, dei governatori locali, della magistratura. Una sorta di devastazione etica.

In buona sostanza, il processo di “occidentalizzazione” dell’Afghanistan è imploso, finendo per danneggiare la nazione, piuttosto che porre le basi per una crescita sana basata sullo sviluppo economico e l’evoluzione culturale, oggi soffocata dal drastico ritorno ad un passato tribale.

Rosario Bonatesta, 26 agosto 2021