La contea di Modica, nel XV secolo, era il più potente, ricco ed esteso stato feudale della Sicilia e ricomprendeva anche le baronie di Alcamo, Caccamo e Calatafimi. Lo stesso re Martino I nel 1401 era venuto in visita presso il conte di Modica, che lo aveva ospitato nello stesso castello in cui nel 1366 era stato accolto il re Federico IV d’Aragona.
Viveva pacificamente nella ridente cittadina una popolosa comunità ebraica, che aveva dimora nel quartiere chiamato “Cartellone” a ragione di un apposito cartello che indicava l’esistenza in quel luogo della giudecca. I rapporti tra i laboriosi cittadini di fede ebraica, sempre ben disposti a metter mano alla borsa per soddisfare dazi, tasse e balzelli, per amor di pace, con le istituzioni e con il resto della cittadinanza, ben potevano essere definiti ordinari e civili. Anche se nei periodi in cui ricadevano le principali festività religiose cittadine era prudente per gli ebrei, non andare troppo in giro per evitare di incontrare qualche fanatico il cui malinteso senso di appartenenza religiosa, di frequente esaltato dalle parole di predicatori, spesso venuti da lontano, che con i loro sermoni esasperavano il senso di intolleranza nei confronti degli ebrei, sempre serpeggiante e sempre nutrito da varie fonti interessate, potesse dar luogo a qualche spiacevole incidente.
Nulla, però, lasciava presagire quanto di tragico ed abominevole accadde il quindici agosto del 1474, giorno in cui la cittadinanza modicana festeggiava, con grande devozione di popolo, l’Assunzione della Beatissima Vergine Maria. Non si può tralasciare dal ricordare che il vice re, per motivi, a suo giudizio, di moralizzazione ed omologazione della società, aveva autorizzato la pratica di costringere gruppi di ebrei ad assistere, coattivamente, alle prediche che venivano fatte durante le celebrazioni religiose più importanti. In quella fatidica giornata nella chiesa di Santa Maria di Betlemme, fra Giovanni da Pistoia non ebbe certamente a moderarsi e non si risparmiò “nel suo fanatico zelo”, appellando gli ebrei presenti come deicidi, profanatori, esseri impuri, turpi e persino rappresentanti del diavolo.
Alla fine della cerimonia, alcuni facinorosi, con gli animi traboccanti di odio ed esaltazione, seguiti da numerosi popolani, il cui numero andò, via via, crescendo, quasi in preda ad una ossessiva ipnosi, si armarono con ciò che era più facile reperire e dal piazzale innanzi alla chiesa cominciò, una impietosa mattanza proseguita sin nella giudecca di Cartellone, che si abbatté senza discernimento alcuno, su uomini, donne, bambini e vecchi, indistintamente. Dopo alcuni giorni di stragi e saccheggi, le cronache ricordano 360 ebrei assassinati, con inusuale brutalità, che mal si coniuga con una cittadinanza civile ed evoluta come quella modicana dell’epoca.
L’orrore dei fatti indusse il vice re Lop Ximen Durrea a fare ritorno da Palermo a Modica e disporre la celebrazione, in tutta fretta, di una parvenza di processo, la quale, anche se approssimativa, distratta e sommaria istruzione, mise in luce fatti di inenarrabile brutalità commessi da tanta parte della popolazione, rimasta irretita dalle parole del sin troppo infuocato predicatore. Vennero condannati due capipopolo ed il risarcimento che la sentenza impose, per rimediare al danno, non andò alle famiglie dei superstiti, così come giustizia avrebbe voluto, bensì alle casse reali a titolo di risarcimento per la perdita di contribuenti dell’erario.
Giacchè il tempo cancella tutto ciò che non viene ricordato, nel gennaio del 2017, in occasione della “Giornata della Memoria”, gli studenti del Liceo “Galilei-Campailla” di Modica, sotto la guida attenta di Magistrati ed Avvocati di quel Foro, con l’intervento dell’associazione Charta delle Judecche, nel rispetto delle norme della procedura penale, hanno rappresentato al pubblico un processo ai responsabili dell’eccidio che ha insanguinato la loro cittadina, con un giudizio di magistrati più attenti ed imparziali di quanto non lo siano stati quelli del momento, che ha prodotto una sentenza di condanna per gli istigatori ed i responsabili. Una sentenza “alla storia” che ha il duplice merito di far luce su una verità imbarazzante e di essere monito alle future generazioni.