Pinocchio, il capolavoro intramontabile di Carlo Collodi, è una storia che continua a essere raccontata ai bambini e agli adulti in spettacoli sempre di grande successo, forse perché ci mostra come in un’esistenza di solitudine, attraverso i propri sogni. si può dare vita a tutte le cose e anche un semplice pezzo di legno può trasformarsi prima in burattino e poi in bambino.
Questo meritato successo ha fatto sì che tutto il mondo potesse conoscere la storia di questo simpatico monello, il cui naso cresceva ogni volta che diceva una bugia. Pochi, invece, sanno che le origini di questo racconto pare siano ispirate alla storia di Golem, il gigante di argilla che un rabbino aveva costruito e a cui aveva dato la vita.
Cominciamo col dire che golem in ebraico moderno vuol dire robot e che i fatti che si narrano nella leggenda non sono niente affatto recenti, giacché risalgono al medioevo, anche se di questo mito si perdono le tracce nel corso dei secoli per riemergere poi proprio nel racconto divenuto famoso grazie a Collodi. La storia è ambientata nella Praga del XVI secolo, dove si dice vivesse un rabbino di nome Jehuda Low, anziano e solo come il più famoso mastro Geppetto.
Golem, creato per essere utilizzato come fedele servo e difensore degli oppressi, era dotato di una forza smisurata, ma non aveva una sua coscienza e quindi restava indifferente al bene e al male. Un giorno, il rabbino che lo dirigeva, in tutto e per tutto, perse il controllo della sua creatura, ormai cresciuta a dismisura e Golem cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava.
Il suo nome deriva dalla parola dell’ebraico antico gelem, che significa materia grezza, priva di forma e pertanto viene accomunato dal pensiero ebraico ad Adamo, prima che gli fosse infusa l’anima da Dio. Pertanto il termine golem nella sua forma etimologica è già presente in tutti i testi sacri ebraici.
Questo mito ha ispirato numerose opere di fantasia del XXI secolo e ritorna di attualità periodicamente, specie nei periodi di crisi, perché narra di una creatura che contiene in sé il doppio volto della speranza positiva e della mostruosità distruttiva. Spiccata è la somiglianza con il mostro di Frankenstein raccontato da Mary Shelley. Tra i personaggi più recenti a cui ha dato ispirazione vi è addirittura l’incredibile Hulk, al quale è simile per l’aspetto e con il quale ha in comune la nascita dalle mani dell’uomo. Pure nel mondo dei videogiochi e dei cartoni animati ha fatto la sua incursione: basti pensare che tra i Pokémon esiste un personaggio che si chiama proprio Golem. Persino nel mondo del giornalismo questa figura ha trovato il proprio spazio, grazie alla penna di un corrispondente del New York Times, tale Georges Vecsey, che durante la campagna elettorale presidenziale del 2015 ha paragonato Donald Trump a Golem.
È dunque normale chiedersi se questo personaggio tanto antico abbia ancora da consegnare all’uomo, ai nostri giorni, un suo messaggio. Forse sì. Golem, in origine servitore e difensore dell’uomo, alla fine, in quanto privo di coscienza, diviene fonte di distruzione e morte, così come può avvenire per le più moderne tecnologie, che possono sfuggire di mano al loro inventori. La storia è piena di esempi: è avvenuto nell’ultimo conflitto mondiale con l’energia atomica, oppure a Chernobyl con il disastro nucleare.
In definitiva, il Golem è il mito stesso della libertà dell’uomo, dei rischi e delle insidie che a essa sono necessariamente connesse. Dalla libertà dell’uomo sono derivati e ogni giorno emergono indicibili progressi, che però qualche volta rischiano di espropriarlo della sua stessa umanità.
Giuseppe Sciacca